Il patrimonio epigrafico di età romana riferibile a Bojano (Bovianum) racchiude informazioni importantissime per la comprensione e la ricostruzione dell’assetto istituzionale, societario ed economico della città romana, municipio e colonia (cfr. RICO 2019). La costituzione municipale, dopo la guerra sociale, è documentata tra il 48 e il 46 a.C., da un’iscrizione latina, oggi irreperibile, dedicata per decreto decurionale a Caio Giulio Cesare, quale patronus municipi (CIL IX, 2563).  Considerato che la città fu poi colonia, importantissima è l’epigrafe dedicata a Vespasiano, che documenta come l’imperatore , tra il 73 e il 75 d.C., dedusse a Bovianum una colonia di veterani della legione XI Claudia, da cui la città prese la denominazione pliniana di Undecumanorum (CIL IX, 2564). In prossimità della chiesa S. Maria dei Rivoli, uno degli edifici di culto più antichi dell’abitato, sono stati ritrovati bolli con la dicitura “ker”: tale  abbreviazione, presente in forme simili anche in altri bolli laterizi provenienti da zone diverse del Sannio Pentro, interpretata come un riferimento a Cerere, presupporrebbe quindi l’esistenza di un edificio dedicato alla dea, al quale sarebbero stati destinati i laterizi di copertura. E non è un caso che l’iscrizione (CIL IX, 2562) inglobata sull’attuale facciata della chiesa, reciti queste parole:  “Veneri caelesti / Augustae sacr(um); / Nummia C. f. Dorcas / s(ua) p(ecunia) f(aciendum) c(uravit) / eademque dedicavit. / L(ocus) d(atus) d(ecurionum)” (DE BENEDITTIS 1995, pp. 26-27). 

Una iscrizione funeraria, datata alla metà del I sec. a.C., oggi irreperibile, documenta  la presenza di una sacerdotessa di Venere: Helviae / Mesi f. / sacerdot(i) Vener(is) / filiei de suo (CIL IX, 2569). Sempre relativamente alle cariche sacerdotali, altre due epigrafi attestano la presenza nel territorio di Bovianum degli Augustales: una di esse è stata ritrovato in contrada Campone (oggi agro di S. Polo Matese), ed è verosimilmente databile al I sec. d.C.: L. Satrius Herme[ros] / Aug(ustalis) Boviani sibi et / L. Aristio Egorazmeno / Satriae Myrsin[e] mat[r(i)] / C. Lucilio Anteroni [—] / Scanianiae C. Dona[—] (CIL IX, 6684). Un’altra epigrafe finora rinvenuta in via S. Giovanni intorno al 1980 su un’ara in conglomerato locale reca: Sancto Silva/no P. Seius / Severus lib(ens) / v(otum) s(olvit), fornendo così una preziosa indicazione sul culto dio Silvano, definito da Orazio, tutor finium: colui che soprintende al confine, ovvero che separa il terreno messo a coltura dalle foreste, i pascoli dalle zone boschive.

Oltre a darci indicazioni sui sacerdozi istituiti a Bovianum, le epigrafi romane forniscono importanti attestazioni di magistrature locali: edili, duoviri, questori, decurioni, curatores, prefetti, patroniequites, legionari, pretoriani, centurioni etc. Una delle epigrafi più significative del territorio, per informazioni di carattere amministrativo, sociale e culturale sulla Bovianum imperiale, è una dedica a “Q. Arruntius Q. f. Vol(tinia) Iustus”, magistrato e patrono di Bojano e di numerosi altri municipi (Sepino, Vicenza e Trivento), nonché sacerdos publicus populi Romani, ed amministratore fiscale della cassa imperiale per la vicesima hereditatium. La dedica gli viene fatta dal Senato locale e dal popolo per ricordarne l’impegno e la correttezza nello svolgimento degli incarichi pubblici (officia civilia) e per la magnificenza dimostrata nella realizzazione di uno spettacolo gladiatorio (CIL IX, 2565). In  CIL IX, 6677, [F]abius Maximus [v(ir) c(larissimus)] / [a fundam]entis secr[etarium fecit] / [curante Arrun]tio Attico [p]a[t]r[ono Bovianensium], realizza cioè la costruzione ex novo di un Secretarium, edificio deputato alle funzioni giudiziarie. Fabio Massimo operò dopo la nascita della provincia Samnium, negli anni centrali del IV secolo d.C., come risposta, forse, dell’amministrazione centrale al violento terremoto che nel 346 colpì proprio l’Italia centro-appenninica, tra Campania, Molise, Abruzzo e Lazio (SORICELLI 2009, p. 253).  Va ricordato un altro personaggio di Bojano, il praefectus cohortis I Thracum L. Numisius Priscus, attestato in un diploma militare (CIL XVI, 84; DEVIJVER 1976-1987, n. 22). La transumanza, antichissima pratica pastorale, ebbe un ruolo considerevole nell’economia dell’Italia romana.  Alla fine dell’età repubblicana le greggi transumanti dalla Daunia al Samnium e viceversa erano di proprietà di privati (cfr. Varrone), mentre all’epoca di Marco Aurelio la maggior parte degli ovini transumanti nell’area era concentrata nel patrimonio dell’imperatore.  L’epigrafe di Numisio Prisco mette in luce come il sistema agricolo-pastorale fondato sulla transumanza abbia plasmato l’organizzazione del territorio, e la sua riorganizzazione dopo la guerra sociale. L’archeologia dal canto suo ha potuto evidenziare nel Sannio romanizzato numerosi esempi di ville rustiche, modello sociale e produttivo introdotto in seguito alla penetrazione romana nell’area di pertinenza della Bovianum di fine età repubblicana e di inizio età imperiale. A proposito dello sviluppo economico lungo i più importanti assi viari, basti considerare il tratto di basolato di una  grande strada, rinvenuto a Bojano, in prossimità del ponte di Corso Amatuzio, in occasione dei lavori di sistemazione del fiume Calderari, identificabile con il decumano massimo della città romana, la cui direttrice coincide con quella del tratturo Pescasseroli – Candela e sul cui tracciato sarebbe passata anche la via consolare Minucia (CIMMINO 2009, pp. 40-41). Attestazioni relative alle attività economiche del centro abitato di Bovianum, emergono in una stele del II sec. d.C., conservata nei giardini pubblici posti dietro il municipio (CIL IX, 6689): L(ucius) Aristius [— l(ibertus)] / Synetus sib[i et] / Vibiae co(n)cub[in(ae)] / Suae. Nella parte superiore,  l’epigrafe presenta una ghirlanda di foglie distribuite a squame, legate con un nastro, e con al centro una rosetta. Nella parte inferiore invece vi sono due mani congiunte (prima attestazione della dextrarum iunctio a Bovianum), e più in basso ben sei oggetti di cui due non riconoscibili. Tra gli altri si può tuttavia riconoscere uno stilo, uno strumento di forma allungata e due scatole (una rettangolare ed una cilindrica): verosimilmente una theca libraria, uno scalprum ed un calamus con atramentarium. Era Aristius uno scriba? La rappresentazione dei due coniugi nell’atto di stringersi la mano destra (dextrarum iunctio inter coniuges) è un tema ricorrente dell’iconografia romana pagana e cristiana, a partire dagli ultimi decenni dell’età repubblicana sino all’anno 600 circa (cfr. RICO 2019). 

Non possiamo concludere l’excursus sulle testimonianze epigrafiche documentate a Bojano, senza menzionare la bella stele funeraria del I sec. d.C., che ritrae una giovane donna (e sulla quale possiamo leggere: Fausta v(ixit) a(nnis) X[…] Trebia Te[…]), e la c.d. stele di Probiliano, un bimbo vissuto solo nove mesi e dieci giorni, che costituisce forse la primissimaattestazione della fede cristiana in Molise (1a metà del sec. IV).

Quanto complessivamente noto del corpus epigrafico bojanese – per fortuna quasi integralmente trascritto e documentato nei repertori specializzati, in particolare CIL (Corpus Inscriptionum latinarum) e EDR (Epigraphic Database Roma) – ed in altre pubblicazioni, sopravvive parzialmente nel parco archeologico all’aperto, creato negli anni ‘30 del secolo scorso, dall’architetto Giuseppe (Geppino) Gentile, nell’ area dei giardinetti comunali e del giardino della cattedrale. Alcune epigrafi si possono riconoscere (a fatica!)  fra i reperti accantonati (alla rinfusa!) nel cortile dell’Ex Episcopio, già sede del Comune.  Altre ancora, anche fra le più importanti, sono temporaneamente (o irrimediabilmente?) deperditae [MR]