In un documento contenuto nel Catasto Onciario del 1744, dove è redatto l’inventario dei beni del Collegio dei Mansionari della Cattedrale, si legge: «…Di più possiede un terreno seminatorio nel luogo detto lo Vescovado vecchio di tt:a 5 incirca giusta li beni del Rev.mo Capitolo, Strada Pubblica, et vallone»[1].

Questo antico edificio di cui non è nota l’ubicazione era crollato a seguito del disastroso terremoto del 5 dicembre 1456. Il suo trasferimento nel sito attuale avvenne nel 1513 ad opera del vescovo Silvio Pandone che lo edificò sui ruderi dell’antico monastero di Santa Chiara, distrutto a causa dello stesso evento sismico.

Del citato monastero si hanno pochissime notizie per cui non è nota neanche la data di fondazione. Esso, però, è menzionato già nel 1309 nelle Rationes Decimarum Italiae[2], con riferimento alle decime che pagava in quell’anno; in un documento del 1341, che tratta della vendita di un immobile da parte della badessa suor Caterina[3], ed in altri due documenti risalenti al 1420 riferiti a contratti di affitto di un orto di pertinenza monasteriale posto nei pressi della Porta Pasquino, nota anche con la denominazione di Porta S. Erasmo[4].

La stretta relazione fra il vescovado ed il preesistente monastero è testimoniata dall’inventario dei beni della chiesa di S. Martino, confezionato nel 1728, in cui si descrive un terreno confinante con «Beni della Mensa Vescovale a’ titolo di S.ta Chiara»[5] e da un affresco sito al piano terra dell’edificio, risalente al sec. XVI, che rappresenta una Madonna con Bambino adorata da due santi, quello a destra San Bartolomeo, patrono della diocesi, e Santa Chiara a sinistra, quasi a dimostrare il passaggio tra le due istituzioni religiose.

L’antico episcopio si localizza nei pressi della Porta di S. Erasmo ed occupa un intero settore urbano che fino alle distruzioni dell’ultimo conflitto mondiale era caratterizzato anche dalla presenza del Seminario diocesano, in seguito trasformato in casa di riposo per gli anziani, perdendo tutte le sue valenze storiche ed architettoniche. L’Episcopio, nonostante i rimaneggiamenti subiti nel corso dei secoli, conserva il suo impianto cinquecentesco nel piano terra ed, in parte, in quello superiore. Solo alla fine del secolo XIX il vescovo Macarone Palmieri fece costruire lo scalone d’ingresso e le arcate che lo contraddistinguono. Nel cortile principale nel 1990 furono rinvenuti alcuni ruderi pertinenti all’antico monastero delle clarisse ed un tratto ben conservato delle mura di epoca sannitica che racchiudevano la città. [OM]

Figura 1 – antico episcopio, foto d’epoca

Figura 2 – antico episcopio, sala al piano terra
Figura 3 – antico episcopio, lo scalone
Figura 4 – antico episcopio, il cortile

[1] Archivio storico  comunale di Bojano, b. 1, fasc. 2, «Catasto onciario», a. 1744, c. 415 r.

[2] P. Sella, Rationes Decimarum Italiae, Città del Vaticano 1936, p. 348.  

[3] Archivio di Montecassino, aula II, capsula I.

[4] I Regesti…, cit., docc. 145-146, p. 75.

[5] F. Germieri, Inventario dei beni della Chiesa di S. Martino, 1728.